Il Club della pipa, giugno 1967.
Adesso io vi racconto come è andato il mio incontro con George Simenon, e so già che voi non mi crederete perché sembra una cosa uscita dalla fantasia del « papà di Maigret », in vece di una faccenda accaduta sul serio: ma io ho la coscienza a posto, perch é mi limito a scrivere la pura verità, e poi ho fiori di testimoni (i fotografi di Farabola e dell’Associated Press), nonché la registrazione su nastro d i tutto quello che in quell’occasione si è detto. E’ successo, dunque, che il sottoscritto è andato a intervistare il popolarissimo scrittore belga-franco-svizzero, approfittando della sua tappa a Milano nel primaverile viaggio in Italia. Sono andato a intervistarlo per la RAI: un ritrattino di Simenon scrittore, letterato, personaggio. Niente a che vedere con il mondo della pipa. Poi, mi sono detto, se viene l’occasione buona un paio di domandine per gli amici del “Club” posso anche fargliele. Presentazioni (con l’altro nome che uso appunto per la RAI e per l’importante quotidiano milanese che mi dà lavoro) e v ia con la registrazione. Simenon parla d i sé, dei suoi romanzi , dell’Italia, e se ne esce d ‘un tratto con questa testuale frase: « Io sono un innamora to dell’Italia; anche perché è uno dei pochissimi paesi al mondo che ha un Club della Pipa, ma ha addirittura una rivista che porta questo nome; una rivista fatta in modo splendido, che io leggo addirittura con avidità, perché, anche per un vecchio fumatore come me, è sempre piena di cose nuove e interessanti. Lei, signore, non la conoscerà, ma le assicuro che “Il Club della Pipa ” è una pubblicazione che io considero una piccola Bibbia per i fumatori!”. Inghiotto a fatica , strabuzzo gli occhi, tossisco fuori il fumo della micidiale sigaretta mattutina (hai, vizio!) e infine riesco a esplodere: ma come, signor Simenon, lei viene a parlare a me di questa pubblicazione, come se si trattasse di un suo piccolo segreto! Ma si rende conto che lei sta parlando con una delle colonne del «Club della Pipa», con Giorgio Colarossi, che cerca, non sempre compreso, di valorizzare anche su queste colonne i personaggi del gran mondo, che – fumando la pipa – contribuiscono a dare lustro all’intera nobilissima compagnia! E gli sbandiero davanti una copia della rivista, che provvidenzialmente mi ero ficcato nella borsa. Adesso è la volta di Simenon a strabuzzare gli occhi: ma si riprende prontamente. « Bene, nessuno potrà certo dire che io ho fatto i miei complimenti alla pubblicazione per pura cortesia, visto che non sapevo con chi avevo a che fare. E allora le ripeto che quel poco di italiano che riesco a leggere, mi serve soprattutto per leggere il vostro periodico, parola di Simenon! ». Ci scappa un abbraccio, i fotografi immortalano la scena, e ormai siamo lanciati sul piano che ci accomuna. Le domande, adesso, riguardano solo la nostra regina. Estraggo dal taschino la mia pipa e Simenon (e due!) sbarra gli occhi: non a caso, avevo scelto una « Autographe » Savinelli. La gira e rigira fra le dita, la soppesa, la fiuta, la guarda da ogni lato e conclude: «Questa non è una Pipa, è un piccolo monumento. Cose del genere io non ne ho, sinceramente. Va bene, parliamo di me come fumatore. E’ vero, ho circa 300 pipe nella mia casa in Svizzera, ma guardi bene che non sono un collezionista: non ho pezzi rari, non ho nulla in vetrina; ho 300 pipe che mi piacciono e che fumo regolarmente, alternandone magari una diecina in una giornata. Per questo breve viaggio in Italia, me ne sono portate una trentina». E da tutte le tasche del grande scrittore escono pipe, come in un gioco di prestigio. Gli chiedo quale miscela lui preferisca, e lui cortesemente fa finta di non capire bene la domanda, tira fuori la borsetta di pelle e mi riempie il « monumento» con quattro o cinque poderosi pizzichi. « Io fumo sempre dolce c piuttosto leggero: Royal Yacht, per lo più, con aggiunta di Virginia. Il tabacco aspro e forte lo lascio al mio Maigrct ». Il sottoscritto non è un grande intenditore, ma la miscela di Simenon l’ho gustata moltissimo. Andiamo avanti con le domande: con quella fatidica. Perché Simenon che da oltre 40 anni è perfetto fumatore di pipa, ripone le sue «compagne» con il fornello rivolto verso l’alto? «Scusi, ma su questo non transigo. La pipa deve essere messa a riposare così; solo in questo modo l’umidità sparisce del tutto»· Gli faccio notare che la maggioranza dei pipaioli è contraria, ma lui si irrigidisce, non sente ragione. Va bene, ecco uno spunto per lettere e dibattiti. Ma proseguiamo con le domande e risposte. « Io fumo sempre, sul lavoro e quando riposo, al mattino e di notte; la vita senza la pipa per me avrebbe un significato diverso. Perché ho “messo la pipa ” in bocca al mio Maigret? Perché è il tocco finale per il personaggio: calmo, tranquillo, sicuro sempre di sé. Solo un fumatore di pipa ha queste doti; oppure, se le piace la frase rigirata in questo modo, diciamo che uno che è calmo e sicuro di sé non può fumare che la pipa. Gino Cervi? Lo conosco molto bene, so che è il vostro presidente onorario; l’ho incontrato prima ancora che cominciasse a vestire i panni del mio Maigret, e mi sono detto subito, sentendolo parlare e vedendolo muoversi, ecco, questo sarebbe un Maigret perfetto. Non mi ingannavo, no?» Parliamo ancora un poco di Cervi, e facciamo notare che sia Simenon (papà di Maigret), sia il nostro presidente onorario (Maigret televisivo e cinematografico) prediligono le miscele delicate e dolci, mentre il commissario, notoriamente, non fuma se non il fortissimo « gris ». Simenon ci risponde che, quando Maigret « gli è nato » nella fantasia, l’immaginava in tale maniera: un tabacco più dolce proprio non gli sarebbe calzato. « Maigret è l’uomo dai gusti robusti e precisi; non lo vedevo proprio fumare una miscela delicata, dopo uno dei suoi famosi pranzi». A proposito dell’argomento, gli raccontiamo come il nostro prof. Ramazzotti abbia « pizzicato» Cervi, che, in una certa puntata di Maigret, ordina a un agente di comprargli del tabacco «dolce, naturalmente», e di come l’attore si sia giustificato sostenendo che « in quel momento, Cervi ha avuto il sopravvento su Maigret »; Simenon gusta l’aneddoto e continua a parlare di pipe. « A parte la faccenda del fornello ali ‘insù, non credo di potermi distinguere per altri motivi dalla grande massa dei pipaioli, da punto di vista tecnico; sì, è vero che le mie pipe godono di un’atmosfera speciale, poiché tutta la mia casa sopra Ginevra è perfettamente climatizzata, e forse questo contribuisce a mantenerle sempre in perfette condizioni. Ma io … non ho avuto quella casa da sempre, e quando ero soltanto un suo collega giornalista le pipe soffrivano con me il caldo o il freddo. Ritengo che, purché siano buone, non “deperiscano” eccessivamente per questo». Ultima domanda « tecnica»: le preferenze di Simenon sui tipi di pipa. «In questo campo sono di una piattezza unica; mi piacciono le pipe veramente normali, nè troppo grarndi nè piccole: amo la linea classica, gli arzigogoli magari mi piacciono, ma quando li vedo in altre pipe, non nelle mie. Quanto alla nazionalità, non faccio differenza: è buono tutto quello che è buono ». Il discorso prosegue per un’oretta, e ci sarebbero tante cose da raccontare su Simen uomo, letterato, personaggio. Ma io mi fermo qui, caro direttore; se no, chi lo sente il lettore signor Ruggero Vio di Genova?
Giorgio Colarossi