Colorare una pipa in schiuma

Si è acquistata una pipa di schiuma, è certo fare una scelta, o fumarla per il piacere che essa può dare, o fumarla anche per la gioia di vederla colorirsi e percorrere una gamma pressoché infinita di sfumature e di tinte». All'incirca con queste parole iniziava appunto il capitolo dedicato alle pipe di schiuma nel mio manualetto sull’arte e il piacere di fumare la pipa. Ed è una decisione non facile da prendere, perché il piacere di fumare una schiuma è senz'altro esaltato e reso più sottile dalla gioia visiva della sua graduale colorazione. Ma in questa gioia intima è nascosta un’insidia che viene bene espressa da Verdaguer: traduco dal testo inglese, più conciso e con vantaggio rispetto a quello tedesco: «Guardate la vostra pipa: ora è bianca come il latte. Ma tra qualche giorno avrà assunto una sfumatura crema, tra qualche mese sarà bionda e forse, fra due o tre anni, brunodorata. Sarete allora diventati certamente ammiratori ferventi della vostra schiuma, ne farete l'oggetto dei vostri sogni, la mostrerete agli amici per sollecitarne l'invidia... Vanità delle vanità! La togliete dall’astuccio e la contemplate estatici. La fumate come se compiste un rito mistico. Bene. Ma non dimenticate che la schiuma, fragile come l’argilla, potrà sfuggirvi di mano un giorno e ridursi in mille pezzi. E troppo spesso questa triste fine è la ricompensa di tutta la vostra devozione. Ma non basta: non più liberi di voi, spersonalizzati quasi, traete boccate dalla vostra pipa non tanto per gratificarvi quanto per far assumere, all'oggetto tanto amato, tutte le tinte e tutte le sfumature, dal bianco avorio all’ocra radioso».

Ossia, cedendo alle lusinghe della schiuma, il fumatore perde o rischia di perdere parte della sua personalità e del suo disinteressato piacere. Infatti, il colore, in quanto tale, non ha influenza alcuna sulla bontà della pipa o del tabacco, se non quella naturale che deriva dalla maturazione di questa come di qualunque altra pipa. Quello della coloritura è, se mai, un piacere estetico, superficiale se vogliamo, che toglie in serenità quello che offre in vanità.

Eppure, quando si acquista una pipa di schiuma, dopo averne tanto sentito parlare e averla tanto desiderata, si parte decisi ad ottenere la famosa coloritura, sacrificando il piacere del fumo in se stesso e di perse stesso all’angoscia sottile che ci pervade quando vediamo che le cose non vanno come speravamo e la coloritura tanto attesa assume, più che altro, l'aspetto di macchie e chiazze non sempre gradevoli.

Questa delusione amara deriva dal non aver applicato un piccolo segreto che riveleremo più avanti.

Quindi, chi desidera fumare la schiuma solo per godere di sensazioni, se non più eteree e suggestive, diverse da quelle che assicura la radica, dovrà usarla come tutte le altre pipe, solo raddoppiando e triplicando le precauzioni, data la delicatezza e la fragilità del materiale. Ossia, caricherà prudenzialmente il fornello a un terzo e poi a metà, fino ad arrivare a riempirlo completamente dopo una trentina o quarantina di fumate. La pressione, sia con il dito all’atto del caricamento sia con il calcatoio durante la fumata, dovrà essere piuttosto leggera e le aspirazioni, soprattutto in fase di accensione, lievi, per così dire più spirituali che materiali. La pipa si formerà a poco a poco, rivestendo le pareti interne del fornello di una appropriata «culotte» e darà grandi soddisfazioni al proprietario, anche se la coloritura lascerà alquanto a desiderare.

Chi, invece, desidera fumare la pipa di schiuma e, al tempo stesso, colorirla, dovrà attenersi a una tecnica del tutto diversa.

Ma perché e come una pipa di schiuma si colora? Questo breve «excursus» teorico faciliterà la comprensione della pratica.

Come il lettore sa, la schiuma di mare è una materia estremamente porosa. Quando il fornello della pipa è pronto e finito, viene immerso in un bagno di cera d’api bollente: la cera chiude i pori, conferisce una gradevole patina e una piacevole tattilità al fornello e, soprattutto, trattiene, conduce e distribuisce il colore dei succhi di tabacco che mano a mano si «accumula» e incupisce le pareti del vaso e del cannello.

Questo il principio generale. Ma occorre un’altra precisazione e l’ha fatta con tanta sintetica lucidità il Ramazzotti, che vale la pena di citare direttamente le sue parole, tratte da «Introduzione alla Pipa»: «L’imbrunimento della schiuma avviene soltanto nelle parti più fredde, dove appunto si condensano i prodotti distillati del tabacco: accade così che il fornello, riscaldato dalle braci ardenti, rimane bianco, mentre vanno colorandosi il cannello e la base del focolaio».

Da queste parole è facile dedurre come bisogna caricare e fumare una pipa di schiuma: esattamente al contrario di come si carica e si fuma una pipa di radica. Ossia, si caricherà completamente, già dalla prima volta, il fornello, ma si fumerà e consumerà, con estrema dolcezza e lentezza, solo una piccola parte del tabacco, fino ad arrivare a meno di un quarto dell’altezza del fornello: e questo appunto per lasciare il più fredda possibile la parte del fornello stesso e del cannello. Si insisterà fino a che la parte super

iore del vaso avrà cominciato a cambiare colore, assumendo una sfumatura rosata: solo allora si procederà per piccolissimi gradi fino a bruciare completamente il contenuto del fornello.

Se la pipa è di vera schiuma, questo sistema è l’unico, per quanto almeno io ne sappia, che consenta di avere, se non altro, buone probabilità di ottenere una brunitura completa ed armonica di tutta la testa. Il cammino è cominciato, ma occorrerà avere pazienza e perseverare per tutto il tempo necessario, forse per anni. Tanto più che chi possiede una schiuma ha certamente molte radici e le userà più frequentemente, perché altrettanto soddisfacenti e al tempo stesso pratiche, robuste e universali. Né va dimenticato che la schiuma è, per sua natura, un oggetto «casalingo», cui particolarmente si addice la notte: quindi ben difficilmente essa verrà fumata più di una volta al giorno e certo non tutti i giorni della settimana.

A questo proposito, cade opportuna un’osservazione: il fumatore, riprendendo, dopo qualche giorno di intervallo, una pipa ‘di schiuma già avviata verso il rosa, potrà trovarla, con sorpresa e disappunto, leggermente impallidita. Non si preoccupi, la fumi e vedrà che, come cantava il Parini: «Torna a fiorir la rosa che pur dianzi languìa e molle si riposa sovra i gigli di pria». Mai il buon abate, certo più dedito al tabacco da fiuto che al fumo, avrebbe sospettato di enunciare una verità così valida per le pipe di schiuma! È perché abbiamo, sia pure di sfuggita, toccato l'argomento della fragilità e caducità umana, sorge spontanea la domanda: quanto può durare una pipa di schiuma? Della radica sappiamo che può sopravvivere e sopravvive al suo proprietario: io stesso possiedo una pipa, ereditata da un ignoto antenato di mia moglie, che penso vanti almeno un’ottantina di primavere: l’unico segno di vecchiaia, a parte la forma peraltro classica, è dato da qualche tarlatura del bocchino di corno. E anche per la schiuma possiamo essere ragionevolmente sicuri che la sua vita superi quella umana, anche se in continua attività, salvo imprevisti incidenti. E a questo proposito vorrei riassumere qui alcune regole circa la manipolazione delle pipe di schiuma:

1. Mai impugnare una pipa di schiuma per la testa, a meno che non si indossino guanti bianchi di filo, morbidi e puliti, e ancor più nei mesi estivi, quando le mani sono inevitabilmente umide di sudore corrosivo. La pipa di schiuma, a mano nuda, deve essere sostenuta per il bocchino, e anche questo non è del tutto ortodosso nel caso di una materia preziosa come l’ambra.

2. Mai deporre la pipa appena fumata, e quindi ancora calda, su una superficie fredda, quale ad esempio il marmo: potrebbe spaccarsi. L’ideale è un cuscinetto di raso o anche la scatola imbottita o l’astuccio foderato: il contenitore dovrà però essere lasciato aperto per qualche tempo per impedire che la pipa soffochi.

3. Mai riporre la pipa senza averla prima accuratamente svuotata di tutti i residui della combustione, specie se umidicci, e accuratamente pulita secondo le regole che vedremo più avanti. Questo va detto anche perché non manca chi sostiene — il cielo lo confonda e perdoni — che la pipa assuma più rapidamente la sua coloritura se non viene pulita dopo ogni fumata e immediatamente. Il lettore di buon senso vedrà da sé come fare giustizia di tale scellerata opinione.

4. Mai riporre la pipa di schiuma in una borsa portapipe o coprirne la testa con un cappuccio, di qualunque materia esso sia: la pipa di schiuma va custodita unicamente nel suo astuccio originale.

5. Mai fumare la pipa di schiuma in un ambiente in cui siano presenti odori forti (del resto questo vale per tutte le pipe, anche se per ragioni diverse).

6. Mai fumare in successione immediata o pressoché immediata, qualità diverse di tabacco: la pipa di schiuma è sensibilissima e ne resterebbe disorientata. Anzi, a questo proposito, trattandosi, come abbiamo visto, di una pipa «impregnabile», si potrebbe fare uno studio sulle qualità e i tipi di tabacco che meglio si prestano, fumati a intervalli opportuni, a conferire alla schiuma un gusto e una personalità particolari e unici.

7. Mai riporre la pipa in un cassetto o in un ripostiglio che abbiano odori pronunciati, o in cui possano comunque introdursi vapori e fumi, ad esempio, di insetticidi, canfora ed altro.

8. Mai fumare la pipa di schiuma all’aria aperta (ciò che è scorretto) o dove vi sia il pericolo di forti correnti d’aria, di pioggia, di neve: si ricordi che la pipa di schiuma è fatta per la casa. E non la si consideri una pipa da società o da sera e quindi atta alla frequentazione di teatri o ritrovi mondani: per questo esistono le speciali pipe in radica da sera, nere e appiattite.

9. Mai riporre e fumare la pipa di schiuma in un ambiente umido.

10. Mai dimenticare, soprattutto, che la pipa di schiuma è, appunto, una pipa di schiuma.

Le regole di questo decalogo sono rigide: il lettore può attenuarle, se vuole, ma non deve discostarsene troppo: solo così la dea bianca lo accompagnerà, sofisticata e insieme

 intima, per anni ed anni e gli concederà, con le sue grazie, ore di oblio, di contemplazione, di ineffabile felicità.
“Baldo Peroni"